L’allarme relativo al cibo italiano contraffatto richiama l’attenzione su un problema diffuso: il riconoscimento del Made in Italy taroccato diventa una sfida importante.
La contraffazione dei prodotti alimentari italiani è un problema che si estende su scala globale, come evidenziato dall’allarme recentemente lanciato da Coldiretti in concomitanza con la presentazione del Rapporto Ismea – Qualivita 2023 sui prodotti Dop/Igp. La stima del valore del falso “Made in Italy” agroalimentare nel mondo sorpassa i 120 miliardi di euro, sollevando gravi preoccupazioni per l’economia italiana e la genuinità delle sue prelibatezze culinarie.
Questo fenomeno assume proporzioni significative, soprattutto se consideriamo che il sistema italiano di qualità “Food and wine” vanta ben 841 specialità tutelate. Queste specialità contribuiscono a una produzione dal valore di 20,2 miliardi di euro, registrando un aumento annuo del 6,4%. L’imitazione spudorata di cibi e prodotti, che si appropria indebitamente della reputazione della tradizione italiana, si traduce in una drastica perdita di risorse e opportunità di lavoro, mettendo a repentaglio la stabilità e il futuro dell’economia delle Denominazioni di Origine Protetta (Dop).
Coldiretti sottolinea che in tutto il mondo si contano addirittura sei imitazioni per ogni prodotto a denominazione originale Made in Italy. Il “Italian sounding” è un fenomeno onnipresente che coinvolge tutti i continenti, sfruttando un mix di marketing basato su parole, immagini e richiami evocativi dell’Italia per promuovere prodotti agroalimentari completamente estranei alla tradizione italiana.
Tra i prodotti più “taroccati” figurano formaggi illustri come Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con la produzione delle imitazioni che supera quella degli originali. Salumi prestigiosi come il Prosciutto di Parma e il Prosciutto di San Daniele sono anch’essi soggetti a clonazioni, così come vini rinomati come il Chianti e il Prosecco. Questo fenomeno non risparmia nemmeno il settore vitivinicolo, poiché anche vini come il Chianti e il Prosecco sono oggetto di contraffazione su scala globale. Paesi ricchi come gli Stati Uniti, la Russia, l’Australia e la Germania emergono come principali artefici di questa pratica scorretta.
Ma il falso Made in Italy non è solo un problema che riguarda le frontiere nazionali, ma c’è anche in Italia.
Per identificare i prodotti contraffatti, non è necessario essere esperti del settore alimentare; basta un occhio attento e alcune precauzioni. Prima di effettuare un acquisto, è importante valutare l’origine del prodotto e la storia del marchio e dell’azienda. La provenienza è fondamentale per stabilire se la produzione avviene effettivamente in Italia o se si tratta di un’operazione orchestrata all’estero, che sfrutta simboli e immagini tipiche della tradizione italiana a discapito della genuinità.
Un altro indicatore importante è il prezzo. Benché non esista un costo standard associato al Made in Italy, le aziende che vendono a prezzi eccessivamente bassi potrebbero stuzzicare il sospetto. Ciò potrebbe indicare tagli di costi impropri, come la produzione all’estero o l’utilizzo di materie prime di scarsa qualità, a scapito dell’autenticità.
Infine, la presenza dei marchi di qualità DOP e IGP è un indicatore affidabile della genuinità del prodotto. Questi marchi attestano che il prodotto rispetta specifici parametri di qualità e che le sue caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. Un’etichetta DOP o IGP è un sigillo di autenticità che difende le tradizioni culinarie italiane dagli assalti della contraffazione globale.