Siamo davvero di fronte alla fine dello smartworking? Le aziende richiamano in ufficio i lavoratori. Ecco cosa cambierà.
L’utopia dello smartworking
Con la pandemia è arrivato anche lo smartworking, ossia la possibilità per i dipendenti di lavorare da casa. Scelta forzata sì, ma che all’inizio sembrava promettere aumenti di produttività a dir poco strabilianti, creando di fatto una vita utopica sia per il datore di lavoro, che per i lavoratori stessi. Da una parte ci sono meno costi di gestione relativi a affitti di locali, energia e tutto quello che comporta il tenere aperto un ufficio (di qualsiasi dimensione), dall’altra la comodità del non doversi più spostare per andare a lavoro, conciliando meglio vita lavorativa e familiare.
In particolare, il sogno dello smartworking è stato evidenziato da uno studio di Harvard che metteva in evidenza come, in una società di call center, le chiamate per ora fossero aumentate dell’8% da quando il personale operava da casa. Analogamente, uno studio di Nicholas Bloom, professore di economia a Stanford, evidenziava che in un’agenzia di viaggi cinese, la produttività degli operatori era aumentata del 13% da quando avevano iniziato a lavorare da remoto.
Secondo Bloom però, c’erano due condizioni che rendevano possibile questa produttività aumentata: che il lavoro da casa fosse volontario e che ci incontrasse una volta a settimana di persona per discutere l’andamento e i nuovi progetti della società.
Con il passare del tempo però, lo smartworking ha iniziato a dare i primi segnali di cedimento: l’azienda di call center aveva diminuito la produttività del 4% e l’agenzia viaggi cinese non aveva modificato sostanzialmente la produttività, ma era evidente come i dipendenti, tornati in ufficio, avessero giornate lavorative più lunghe e i programmatori scrivessero di più.
Il lavoro ibrido
Dopo il periodo della pandemia quindi, le cose sono iniziate a cambiare. Allo smartworking puro si è iniziata ad alternare la presenza saltuaria in ufficio, creando una forma di lavoro ibrida, che non è destinata a sparire. Questo, secondo Bloom, è il più grande cambiamento nell’economia degli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale: oggi il 30% dei lavoratori svolge la propria mansione in modo ibrido. Quello che è emerso è che allontanarsi dall’ufficio ogni tanto migliora la vita, e i datori di lavoro devono tenerne conto per non perdere forza lavoro.
Si torna in ufficio
Le aziende di Wall Street si sono espresse: si torna in ufficio. E a seguire hanno richiamato i propri lavoratori anche Apple, Google e Meta, almeno per tre giorni a settimana. La verità è che essere presenti in ufficio serve, sia per un discorso di produttività, che di rete. Una serie di nuovi studi dimostra proprio questo: l’essere presenti di persona aumenta la creatività, la produttività e la rete sociale.
Questi non sono aspetti da sottovalutare, e se ne sono accorti anche i lavoratori casalinghi: collaborare è più difficile se lo si fa tramite un pc. L’Economist evidenzia come, lavorando da casa, si abbatta quasi del tutto lo sviluppo del capitale umano, e anche uno studio del MIT pone l’attenzione su questo aspetto: chi lavora in ufficio impara più in fretta grazie alla collaborazione con gli altri, ai feedback e al contatto umano di chi, invece, lavora da casa e tende a non chiedere aiuto agli altri colleghi.
Il futuro dello smartworking è segnato?
La risposta è no. Lo smartworking ha cambiato radicalmente l’idea collettiva di lavoro, creando una situazione che era impensabile fino a pochi anni fa. Quello che sembra essere un trend in crescita è il richiamo dei lavoratori in ufficio, ma allo stesso tempo cresce la consapevolezza che serve flessibilità. Moltissime realtà infatti hanno trovato nella forma ibrida la chiave vincente per conciliare vita privata e lavoro, tempo libero e produttività.
Secondo uno studio di Knight Frank che ha analizzato società di tutto il mondo operanti in diversi settori, un terzo delle società tornerà ad un lavoro quasi totalmente in presenza, mentre il 56% ha optato per una soluzione ibrida, e il 10% prevede di rimanere totalmente o prevalentemente in smartworking.
Quello che cambierà è sicuramente il tipo di ufficio. Il trend, spiegato dal Financial Times è uno “spazio più piccolo, ma migliore”.